
Norme italiane e fiscalità dell’oro
La tassazione sull’oro da investimento è una tematica emersa negli ultimi venti anni in quanto solamente a partire dal 2000 per i privati è possibile acquistare e vendere oro per investimento seguendo le disposizioni della legge n.7 del gennaio del 2000. La legge è stata approvata dopo le sollecitazioni dell’Unione Europea (allora Comunità Europea) che aveva adottato in materia la direttiva 98/80/CE del 12 ottobre 1998 e che chiedeva all’Italia un intervento legislativi di adeguamento.
Questa legge pone fine al monopolio dell’oro da parte dell’Ufficio italiano dei cambi prevista dal Decreto Legislativo luogotenenziale n. 331 del 17 maggio 1945 permettendo, quindi, ai residenti in Italia di acquistare e vendere oro da investimento, senza imposta sul valore aggiunto, con specifiche caratteristiche precisate nell’articolo uno della stessa legge:
- oro sotto forma di lingotti o placche con un peso non inferiore ad un grammo e con purezza almeno pari a 995 millesimi;
- oro sotto forma di moneta di purezza non inferiore a 900 millesimi, coniate esclusivamente dopo il 1800 e che hanno in questo momento o hanno avuto in passato corso legale nel paese di origine, vendute ad un prezzo inferiore all’ottanta per cento del valore sul mercato libero dell’oro.
Rimangono esclusi dal campo di applicazione della legge, il cosiddetto oro da gioielleria con scopo ornamentale, oro destinato alle lavorazioni industriali e artigianali, oro per scopi medici e diagnostici e oro utilizzato come componente tecnico ed elettronico.
Soggetti abilitati al commercio dell’oro per investimenti
Le banche e altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo uno della Legge n.7 del 2000 possono quindi esercitare in via professionale il commercio dell’oro previa comunicazione all’Ufficio Italiano dei cambi. I requisiti per ottenere l’autorizzazione al commercio riguardano principalmente:
- essere una società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa;
- avere un oggetto sociale che comporti il commercio di oro;
- chi partecipa al capitale, gli amministratori e i dipendenti coinvolti nelle funzioni tecniche e commerciali devono rispettare appositi criteri di onorabilità.
L’articolo quattro prevede delle sanzioni, multe di importi consistenti sino a diecimila euro e reclusione sino a quattro anni, per quei soggetti che svolgono l’attività senza averne dato comunicazione alla Banca d’Italia oppure senza i requisiti richiesti sopra richiamati. Ai sensi dell’articolo 2, invece, l’esercizio di attività riguardanti le operazioni finanziarie sull’oro, con o senza titoli, è riservato alle banche e agli intermediari abilitati all’effettuazione dei servizi di investimento. L’elenco dei soggetti abilitati al commercio dell’oro e degli intermediari abilitati alle operazioni finanziarie sull’oro è disponibile sul sito della Banca d’Italia alla voce Operatori Professionali in Oro.
La legge sopra menzionata impone altresì che i trasferimenti di oro da e verso l’estero e il commercio di oro nel territorio italiano, così come qualsiasi altra operazione in oro anche gratuita, ad eccezione delle operazioni svolte dalla Banca d’Italia, vengano opportunamente dichiarati allo Stato se vengono raggiunti certi importi (oltre dodici mila euro). Nel caso non venga rispettato l’obbligo di dichiarazione l’articolo quattro prevede l’applicazione di una sanzione che potrà variare dal dieci percento al quaranta percento del valore. Bisognerà effettuare la comunicazione entro la fine del mese successivo nel quale l’operazione è avvenuta.
Come funziona la tassazione sull’oro da investimento?
Sull’acquisto dell’oro per investimenti con le caratteriste previste dalla legge n. 7 del 2000 non si applicano le imposte e, pertanto, la compravendita di oro da investimento non è soggetta neanche all’IVA. L’esenzione dell’Iva è prevista dalla normativa oro se la compravendita di oro avviene tramite Operatori Professionali in Oro autorizzati ed iscritti in un apposito Albo redatto e aggiornato dalla Banca D’Italia. Mentre, per l’acquisto di oro per investimenti non si applica l’imposta sul valore aggiunto, questa viene correttamente applicata, però, se si acquista oro destinato alla lavorazione industriale o artigianale, o anche nel caso delle monete d’oro da collezione il cui prezzo supera dell’ottanta per cento il valore dell’oro in esse contenuto.
Non sono dovute le imposte per la mera detenzione di oro per investimenti e, fuori dai casi di trasferimenti all’estero sopra descritti, non sono previsti obblighi di dichiarazioni sul quantitativo di oro per investimenti in proprio possesso. Un situazione diversa riguarda la vendita dell’oro per investimenti. La compravendita di metalli preziosi, tra cui rientra l’oro con le caratteristiche sopra descritte, genera un’operazione finanziaria che, sua volta, produce plusvalenze o minusvalenze finanziarie. Queste sono soggette a tassazione, o meglio, il valore della plusvalenza è tassabile mentre il valore della minusvalenza è deducibile.
Il valore della plusvalenza è calcolato dalla differenza tra il corrispettivo della cessione e il valore di acquisizione dell’oro, aumentato di ogni spesa inerente alla produzione o eventuale imposta legata alla sua acquisizione (imposta di successione oppure le spese notarili…). Le operazioni di vendita dell’oro devono essere dichiarate dal contribuente nell’apposito modello dichiarativo dei Redditi delle Persone Fisiche, al fine di imporre le imposte dirette sulla plusvalenza. L’imposta sostitutiva in questione ha un’aliquota fissa del ventisei per cento.
Se non si è in possesso della regolare fattura prodotta in sede di compravendita e non sarà possibile, quindi calcolare, la plusvalenza esatta, verrà automaticamente calcolata dal fisco una plusvalenza fissa del venticinque per cento. Si applicherà, pertanto, una tassa del ventisei per centro sul venticinque per cento del totale della vendita. Per questo motivo bisogna conservare la documentazione relativa all’acquisizione dell’oro per tutto il periodo di accertamento fiscale ovvero sino al trentuno dicembre dell’anno successivo alla dichiarazione dei redditi. Senza la documentazione che consente un calcolo esatto della plusvalenza, queste vengono sempre assoggettate ad una percentuale fissa di imposta pari al venticinque percento del valore della cessione e questo computo si applica, altresì, sui lingotti o monete d’oro regalate o ricevute in eredità di cui non si dispone chiaramente della fattura.
La normativa in materia prevede, infine, che nel caso si presenti una minusvalenza cioè una perdita causata dalla vendita dell’oro ad un prezzo inferiore a quello d’acquisto, questa potrà essere compensata con eventuali plusvalenze realizzate nei successivi quattro anni dall’avvenuta operazione. Nel caso non si realizzino plusvalenze entro quattro anni dal presentarsi della minusvalenza, il residuo andrà perduto.
Se le operazioni finanziarie si effettuano su una piattaforma telematica gestita da una società con sede fuori dall’Italia, questo non incide minimamente su quanto detto fino ad ora. Infatti se il contribuente che ha effettuato l’operazione risulta residente in Italia ai fini fiscali, si applicheranno le norme sopra citate sulla tassazione italiana di questo tipo di operazioni. In ogni caso, si consiglia sempre di rivolgersi ai professionisti abilitati a svolgere questo tipo di operazioni indicati dalla Banca d’Italia e al proprio commercialista per gli aspetti più tecnici relativi ai casi concreti di applicazione della tassazione su questo tipo di operazioni.